L’evoluzione del mercato del lavoro
- Tra il 1995 e il 2011, l’occupazione nei paesi Ue15 è aumentata di 24,7 milioni di unità (+16,6 per cento). La crescita è stata costante fino al 2008, in netta caduta nel 2009-2010 e in modesta ripresa lo scorso anno. In Italia, l’occupazione totale è aumentata tra il 1993 e il 2011 di circa 1,7 milioni (+7,8 per cento). L’aumento ha riguardato esclusivamente il Centro-Nord, mentre nel Mezzogiorno l’occupazione è passata da circa 6,4 a 6,2 milioni.
- Nell’arco degli ultimi venti anni la domanda di lavoro è stata sostenuta, in Italia come negli altri paesi europei, dallo sviluppo del settore terziario. In questo settore gli occupati sono cresciuti fino al 2010 a un tasso dell’1,5 per cento medio annuo (+2,6 milioni di unità) e dell’1 per cento nel 2011.
-
Alla crescita occupazionale del settore terziario si è associato, fino ai primi anni dello scorso decennio, il progressivo orientamento della domanda di lavoro verso le componenti più qualificate. Negli anni successivi c’è stato invece uno spostamento verso figure professionali meno qualificate e più esecutive.
- Si tratta della crescita di occupati nelle attività collegate agli alberghi e ristorazione (cameriere, barista, cuoco), alla cura della persona (parrucchiere, baby-sitter), alla distribuzione commerciale (commesso, addetto alle vendite on line) e soprattutto nei lavori di collaboratore domestico, manovale, custode, facchino.
-
Dal 1993 al 2011 gli occupati maschi sono scesi di 40 mila unità, mentre le occupate sono passate da circa 7,6 milioni a poco più di 9,3 milioni: questo incremento ha riguardato circa un milione e mezzo di occupate nel Centro-Nord, ma solo 196 mila nel Mezzogiorno.
- L’occupazione femminile è sempre cresciuta nel terziario fino ai circa 7,8 milioni del 2011, l’83 per cento del complesso delle occupate. Nell’industria in senso stretto, invece, le occupate sono sempre diminuite dal 2001 al 2010; per una donna, nella fase recessiva del 2008-2009, il rischio di perdere il lavoro non è dovuto solo alla maggiore presenza delle donne in particolari comparti, alla loro posizione lavorativa, o alla dimensione di impresa, o ancora alla presenza di figli. Eliminando l’influenza di questi fattori il rischio di perdere il lavoro nell’industria per una donna è superiore del 40 per cento rispetto a un uomo.
- Il part time ha contribuito notevolmente alla crescita dell’occupazione femminile: fra il 1993 e il 2011 due terzi dell’aumento sono riconducibili agli impieghi a orario ridotto. Fra i 2,3 milioni di lavoratori a tempo determinato, quasi uno su due è donna (circa 1,1 milioni). Attualmente il 30 per cento delle occupate lavora a tempo ridotto, ma per circa la metà di queste si tratta di part time involontario.
- Nel 2012, a due anni dalla nascita del figlio quasi una madre su quattro, in precedenza occupata, non ha più un lavoro. A lasciare o perdere il lavoro sono prevalentemente le neo-madri residenti nel Mezzogiorno, le più giovani, quelle che hanno avuto il primo figlio e quelle che vivono in coppia.
-
A partire dal 2008 il tasso di disoccupazione dei 18-29enni ha avuto un’impennata raggiungendo il 20,2 per cento nel 2011, facendo registrare la massima distanza dal 1993 con il tasso di disoccupazione complessivo (8,4 per cento).
- Nel 2011 i Neet (15-29enni che non studiano e non lavorano) sono 2,1 milioni. La quota dei Neet è più alta nel Mezzogiorno, 31,9 per cento, un valore quasi doppio di quello del Centro-nord, con punte massime in Sicilia (35,7 per cento) e in Campania (35,2 per cento).
- Dal 1993 al 2011 gli occupati dipendenti a termine sono cresciuti del 48,4 per cento (+751 mila unità) a fronte del +13,8 per cento registrato per l’occupazione dipendente complessiva. Nel 2011 l’incidenza del lavoro temporaneo sul complesso del lavoro subordinato è pari al 13,4 per cento, il valore più elevato dal 1993; supera il 35 per cento (quasi il doppio del 1993) fra i 18-29enni.
- Tra il 1993 e il 2000, rimane sostanzialmente stabile intorno al 40 per cento il tasso di permanenza, a distanza di un anno, dei 18-29enni nel lavoro dipendente a termine. Dopo il 2000 il tasso di permanenza cresce fino al 50 per cento del 2005-2006 e si porta fino al 56,3 per cento nel periodo 2010-2011.
Autore:
Istat
Ambito territoriale:
Tutte le regioni
Ambito Territoriale:
Data di pubblicazione:
22/05/2012
Lingua:
ita
Formato:
pdf
Allegato | Dimensione |
---|---|
ISTAT2012 Capitolo_1.pdf | 741.85 KB |
ISTAT2012 Capitolo_2.pdf | 994.92 KB |
ISTAT2012 Capitolo_3.pdf | 630.7 KB |
ISTAT2012 Capitolo_4.pdf | 3.9 MB |
Tipologia Documentale: