Rispetto alla media europea, l’Italia regge meglio degli altri paesi gli effetti della crisi sul lavoro: l’occupazione è diminuita, nel secondo trimestre 2009, dello 0,9% contro una media, in Europa, dell’1,9%. Anche il numero di disoccupati è più contenuto rispetto all’incremento registrato negli altri paesi comunitari. Per l’Italia sono due i possibili fattori che hanno ridotto, almeno finora, l’impatto della crisi:- le minori dimensioni della bolla edilizia e della finanza, in parte ad essa connessa;- l’estensione generalizzata della Cassa integrazione guadagni quale incentivo a mantenere quanto più possibile i lavoratori in azienda.Le richieste di Cassa Integrazione Guadagni hanno infatti fatto registrare nel corso del 2009 un incremento notevole. Va detto, tuttavia, che le imprese solitamente usufruiscono solo di una parte delle ore autorizzate: nel 2009 è stato autorizzato solo il 60% di ore autorizzate contro il 77% del 2008.Inoltre nel nostro Paese si osserva una contrazione dell’orario medio di lavoro più sostenuta che altrove con un incremento del part-time. Si tratta di una risposta alla crisi fornita dalle imprese in alternativa all’espulsione dei propri dipendenti.Il sistema Italia sta dunque salvaguardando il capitale di forza lavoro accumulato nel corso degli anni. La crescita dell’occupazione si è avviata a partire dalla seconda metà degli anni Novanta ed è proseguita sino al 2008, quando abbiamo raggiunto il massimo storico di occupati: 23 milioni e 400 mila lavoratori.Ma la crisi acutizza i divari territoriali, il tasso di occupazione nel Mezzogiorno si è infatti ridotto in modo più accentuato che nel Centro-Nord: è sceso del 2%, passando al 45% del secondo trimestre 2009 rispetto al 47% del secondo trimestre 2008; mentre non supera il punto percentuale nel resto del Paese. Tra la forza lavoro del Mezzogiorno un individuo su due è inattivo, contro il 33% del Centro e valori intorno al 30% nel Nord.Le regioni settentrionali, per quanto riguarda gli indicatori del mercato del lavoro, si trovano in una posizione molto più alta rispetto alla media comunitaria, mentre quelle meridionali appaiono sempre in forte ritardo, spesso agli ultimi posti delle classifiche europee. Nessun paese europeo ha al suo interno divari territoriali cosi ampi come il nostro.La congiuntura economica colpisce soprattutto i giovani, ossia coloro che entrano nel mercato del lavoro per la prima volta. Nel primo trimestre del 2009, dopo tre anni di flessione, la disoccupazione giovanile ha ripreso a crescere, raggiungendo in Europa il 18,3% e in Italia il 26,3%.Un altro dato su cui riflettere è quello relativo ai 126 mila ragazzi, il 5,4% dei 14-17enni “dispersi” ossia al di fuori di qualsiasi percorso di istruzione e formazione.Mentre risulta in crescita la partecipazione degli adulti alle attività formative.Sono in crescita le adesioni, soprattutto da imprese di piccola o piccolissima dimensione, ai Fondi Paritetici Interprofessionali, gli organismi promossi dalle parti sociali per le attività di formazione continua. E il peso percentuale del Sud, per la prima volta in cinque anni, aumenta rispetto al Nord e al Centro.Si registra infine lo scarso utilizzo del Patto di servizio: a livello nazionale, solo un Centro per l’impiego su due utilizza il Patto di servizio, cioè lo strumento che stabilisce un legame reciprocamente vincolante per attivare il disoccupato ad un percorso individuale di formazione e ricerca del lavoro. Inoltre, solo il 38% dei Centri revoca lo status di disoccupazione in caso di inottemperanza del Patto. Solo il 56% di chi è in cerca di lavoro dichiara di avere visitato un Centro per l’impiego almeno una volta. Tale quota è superiore nel Nord-Ovest dove raggiunge il 64,9%, e inferiore al Sud e nelle Isole, dove è pari al 52,9%. L’aspetto più preoccupante rimane il divario tra le performance dei Centri, con il Mezzogiorno ancora in evidente ritardo. Fonte:Isfol
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